Dal 30 settembre al 29 gennaio al Centro Culturale Altinate | San Gaetano
Andy Warhol, icona pop, si racconta a Padova in una mostra
Pierre Houlès, Andy Warhol Minox, 1982, fotografia, Collezione privata
Samantha De Martin
09/09/2022
Padova - Un viaggio incalzante nell’eccentrico mondo popolato di minestre Campbell divenute pezzi da museo, e Elvis e Mao superstar del Novecento, si appresta a trascinare il pubblico nell’universo della più illustre icona pop.
Dal 30 settembre al 29 gennaio il Centro Culturale Altinate | San Gaetano accoglierà la mostra Andy Warhol. Icona pop, organizzata da ARTIKA di Daniel Buso e Elena Zannoni, a cura di Simona Occioni.
I marchi che popolavano l’immaginario pubblicitario diffuso negli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e i Settanta, accanto ai volti delle star, da Sylvester Stallone a Marilyn, “trattati” dall’artista come prodotti di consumo rivestiti della medesima aura mistica con la quale Warhol ripensa i suoi “oggetti” per trasformarli in un manufatto artistico, scandiranno un percorso di grande impatto.
Ad arricchire le sei sezioni tematiche della mostra saranno oltre 150 opere, tra disegni, fotografie, serigrafie, incisioni, sculture.
Andy Warhol, Campbell’s Soup, 1980
Era il 1962 quando, presso la Ferus Gallery di Los Angeles, un giovane artista inaugurava la sua prima mostra personale nella città californiana. Le opere esposte erano rappresentazioni di lattine Campbell’s Soup realizzate mediante serigrafia e acrilico su tela. Nonostante i critici avessero stroncato le sue composizioni come “opere piatte e provocatorie”, da quel momento in poi il successo di Warhol sarebbe stato inarrestabile.
Dalla sua celebre “Factory” sarebbero passati i più grandi intellettuali e vip del momento, tutti desiderosi di farsi fare un ritratto da Andy.
La cultura di massa, con il suo cattivo gusto fatto di kitsch e volgarità, inevitabili sottoprodotti di una globalizzazione sempre più massiccia, diventa la linfa del suo percorso artistico.
Se i colleghi esasperano queste componenti e, tramite il filtro dell’ironia, pongono l’accento sullo svilimento del gusto evidenziando al tempo stesso il proprio distacco, Andy Warhol procede seguendo uno schema ben preciso attraverso l’ isolamento visivo dell’immagine, l’assimilazione del linguaggio pubblicitario, la ripetizione - che richiama inconfutabilmente la ripetitività delle immagini impiegata dalla cultura di massa per vendere merci e servizi - e l’impiego di colori chiassosi.
Andy Warhol, Flowers
Il procedimento svela la vera natura della modernità: l’indifferenza, il materialismo, la manipolazione mediatica, lo sfruttamento economico, l’irrefrenabile consumismo, il divismo e la creazione di falsi bisogni e false aspirazioni nelle masse. La figura dell’artista nel processo produttivo è diventata anonima. Non c’è più l’umanità, ma un’inesauribile catena di produzione di “cose” che vengono infinitamente riprodotte a scopi commerciali. L’arte di Warhol non è soltanto critica alla società dei consumi (discorso che vale per la maggior parte degli altri artisti Pop), ma rappresenta anche l'incalzante attacco ai valori borghesi e all’establishment dell’arte.
La mostra a Padova vuole restituire il ritratto biografico del grande artista newyorkese che, con modalità dadaiste, ha svelato la superficialità del sistema a cui appartiene, attraverso la manipolazione delle immagini e la trasformazione del sé in un personaggio al limite del grottesco.
Leggi anche:
• Andy Warhol. Icona pop
Dal 30 settembre al 29 gennaio il Centro Culturale Altinate | San Gaetano accoglierà la mostra Andy Warhol. Icona pop, organizzata da ARTIKA di Daniel Buso e Elena Zannoni, a cura di Simona Occioni.
I marchi che popolavano l’immaginario pubblicitario diffuso negli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e i Settanta, accanto ai volti delle star, da Sylvester Stallone a Marilyn, “trattati” dall’artista come prodotti di consumo rivestiti della medesima aura mistica con la quale Warhol ripensa i suoi “oggetti” per trasformarli in un manufatto artistico, scandiranno un percorso di grande impatto.
Ad arricchire le sei sezioni tematiche della mostra saranno oltre 150 opere, tra disegni, fotografie, serigrafie, incisioni, sculture.
Andy Warhol, Campbell’s Soup, 1980
Era il 1962 quando, presso la Ferus Gallery di Los Angeles, un giovane artista inaugurava la sua prima mostra personale nella città californiana. Le opere esposte erano rappresentazioni di lattine Campbell’s Soup realizzate mediante serigrafia e acrilico su tela. Nonostante i critici avessero stroncato le sue composizioni come “opere piatte e provocatorie”, da quel momento in poi il successo di Warhol sarebbe stato inarrestabile.
Dalla sua celebre “Factory” sarebbero passati i più grandi intellettuali e vip del momento, tutti desiderosi di farsi fare un ritratto da Andy.
La cultura di massa, con il suo cattivo gusto fatto di kitsch e volgarità, inevitabili sottoprodotti di una globalizzazione sempre più massiccia, diventa la linfa del suo percorso artistico.
Se i colleghi esasperano queste componenti e, tramite il filtro dell’ironia, pongono l’accento sullo svilimento del gusto evidenziando al tempo stesso il proprio distacco, Andy Warhol procede seguendo uno schema ben preciso attraverso l’ isolamento visivo dell’immagine, l’assimilazione del linguaggio pubblicitario, la ripetizione - che richiama inconfutabilmente la ripetitività delle immagini impiegata dalla cultura di massa per vendere merci e servizi - e l’impiego di colori chiassosi.
Andy Warhol, Flowers
Il procedimento svela la vera natura della modernità: l’indifferenza, il materialismo, la manipolazione mediatica, lo sfruttamento economico, l’irrefrenabile consumismo, il divismo e la creazione di falsi bisogni e false aspirazioni nelle masse. La figura dell’artista nel processo produttivo è diventata anonima. Non c’è più l’umanità, ma un’inesauribile catena di produzione di “cose” che vengono infinitamente riprodotte a scopi commerciali. L’arte di Warhol non è soltanto critica alla società dei consumi (discorso che vale per la maggior parte degli altri artisti Pop), ma rappresenta anche l'incalzante attacco ai valori borghesi e all’establishment dell’arte.
La mostra a Padova vuole restituire il ritratto biografico del grande artista newyorkese che, con modalità dadaiste, ha svelato la superficialità del sistema a cui appartiene, attraverso la manipolazione delle immagini e la trasformazione del sé in un personaggio al limite del grottesco.
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