Piceni popolo d'Europa
26/02/2004
La mostra di Palazzo Baberini si inserisce in un programma che ha portato in varie città una realtà culturale poco nota ai più: iniziata a Francoforte ha poi proseguito il suo cammino per Ascoli Piceno, Teramo e Chieti, superando finora i centomila visitatori.
Per instradare chi entra in un percorso espositivo dall’orizzonte culturale così desueto il parallelo più immediato ed utile è quello con gli Etruschi. Per alcuni versi si può parlare dei Piceni come la popolazione “dirimpettaia” degli Etruschi: questi ultimi insediati sul versante tirrenico, i primi su quello adriatico.
Tutto ciò che conosciamo di questa civiltà è dovuto ai resti delle necropoli presenti nelle Marche (Ancona, Novilara, Numana, Montedoro, Matelica) e in Abruzzo (Tortoreto, Fossa, Celano, Chieti, Alba Fucens). L’esposizione romana, infatti, ospita una enorme quantità di reperti archeologici ricavati dagli scavi fatti nelle regioni di cui i Piceni furono padroni per quasi sette secoli, fino alla conquista romana.
La mostra è allestita in tre sale dell’appartamento al piano nobile del palazzo di Urbano VIII Barberini, quello che da tempo viene riservato alle esposizioni temporanee.
La prima di queste stanze, in cui il percorso ha inizio, è quella con l’eccezionale volta affrescata da Pietro da Cortona e raffigurante l’Allegoria della Divina Provvidenza. In questa sala vengono presentati i Piceni, il loro territorio e ciò che finora è stato rinvenuto negli scavi.
Molto positiva la qualità dell’allestimento: le vetrine permettono di vedere tutti gli oggetti a 360 gradi, i pannelli sulle pareti danno esaurienti notizie anche a chi si avvicina a questa popolazione per la prima volta, ma soprattutto va menzionata la ricostruzione di alcune tombe (per es. la tomba femminile n.54 di Numana) con una sorta di vetrine a pozzetto tra le quali si può passeggiare grazie a speciali camminamenti rialzati appositamente allestiti. Nelle vetrine vengono esposte ceramiche d’impasto, vasellame, armi, monili, oggetti in avorio, in pasta vitrea e in ambra provenienti dalle principali necropoli e abitati medio adriatici.
Negli ornamenti femminili si ripetono cinture su cui sono raffigurati uccelli acquatici e la barca solare. Per quanto concerne gli oggetti maschili spicca nella produzione bronzea il “kardiophylax”, specie di disco-corazza che veniva sistemato sul petto dei guerrieri e tenuto dietro la schiena per mezzo di cinture di cuoio. Ce ne sono alcuni esemplari nelle vetrine, ma se ne ha un’idea più chiara vedendone uno indossato dal personaggio effigiato nella celebre statua nota come il “Guerriero di Capestrano” in cui compaiono persino le fasce di cuoio scolpite. Questa statua, conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Chieti e risalente al VI secolo a.C., è indubbiamente uno dei reperti più famosi connesso alla cultura picena, purtroppo nella mostra è approdato solo un suo calco.
Oltre a questa scultura si possono vedere altri brani di stele e ceppi funebri che vengono presentati in un più ampio contesto, che ingloba le reciproche influenze che determinarono prodotti simili nell’Europa centro-occidentale (Halstatt) e in Istria a Nesazio, tanto da far supporre la possibilità di artisti itineranti.
La seconda sala offre gli splendidi reperti della “Tomba della Regina di Numana”, scoperta nella località “I Pini” presso Stirolo (An). Tale sepoltura monumentale è racchiusa da un fosso di 40 metri di diametro all’interno del quale trovano posto ben tre fosse: una centrale per la principessa, sormontata da un carro ed un calesse, ed altre due, una per un letto e delle suppellettili da banchetto funebre e l’altra per due mule. Nella tomba sono tuttora in corso gli scavi, ma parte di quanto è stato trovato è oggi esposto alla mostra; del resto si fa un ampio resoconto nei pannelli esplicativi. Splendidi i pezzi del corredo funebre con monili d’ogni tipo, una coppa d’oro e argento, oggetti in avorio e ambra; ma ciò che più colpisce sono le ruote del calesse, un tempo trainato dalla coppia di mule a cui viene riservata un’intera fossa: tali animali erano considerati preziosi perché molto rari rispetto ai corrispettivi maschi, ed erano gli animali da traino prescelti dalle regine.
Il resto della sala ospita oggetti in bronzo caratterizzati dalla tipica tecnica della toreutica picena dell’agemina di fili bronzei applicati su oggetti in ferro al fine di ottenere un’apprezzabile policromia, nonché armi e testimonianze della contaminazione culturale VI-V secolo con oggetti prodotti dai Galli e altri provenienti dalla Magna Grecia.
L’esposizione si chiude nella terza sala in cui è stato allestito uno schermo in cui viene proiettato di seguito, a ripetizione, un documentario in DVD sui Piceni che permette al visitatore di approfondire i temi affrontati durante il percorso della mostra, rendendosi conto soprattutto dei luoghi e dell’esatta conformazione, ad esempio, delle necropoli.
Palazzo Barberini – Via Barberini 18 – Roma
Fino al 30 giugno
Orario: 9-19; lunedì chiuso
Ingresso: intero 12.000 – ridotto 8.000
Tel. 06 4814591
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